Il triste evento della morte di Diego Armando Maradona ha avuto effetti direi planetari. Manifestazioni, commemorazioni, articoli e prodotti mediatici di ogni genere. Da vecchio appassionato di calcio vorrei aggiungere un contributo al diluvio comunicativo sperando di non ripetere cose già dette.
Inizio col dire che il calciatore Maradona ha origine nei geni familiari e nei cortili di Lanus, periferia povera a sud di Buenos Aires. Come molti altri campioni dello sport: povertà, campi polverosi, volontà feroce di farcela.
Per tornare a Maradona quel surplus di sensibilità, coordinazione e creatività che lo hanno distinto fin da piccolo, ops, fin da bambino non è dovuto a nessuna scuola o istituzione. Certo ci sono state le infinite ore trascorse con il pallone e la spinta familiare ma questo non è bastato. Il genio non si insegna.
Poi è venuto il personaggio mediatico, cresciuto come un fungo sul calciatore. Anche questo si ispira alla subcultura del clan, all’ignoranza delle regole e dei codici che, a quanto ne so, si respira nei barrios e nelle periferie. Per il momento guardiamo al calciatore. Anche se…
Diego sfugge alla povertà grazie alle sue doti di giovanissimo fenomeno del calcio. Nel 1978, anno dei mondiali di Argentina il giovane campione (capocannoniere a 18 anni!) viene lasciato fuori dalla nazionale dal ct Menotti (forse perché l’Argentina un 10 ce l’aveva già ed era Kempes). Immagino la rabbia e i pensieri astiosi anche contro i dirigenti. Già a 18 anni. “Di cos’hanno paura? Che gli faccia fare brutta figura?”. Già in quel periodo, secondo me, il giovane Diego inizia a dividere il mondo tra amici (pochi) e nemici (tanti). Inizia a pensare “contro”.
Nel 1979 vince il mondiale under 20, mi pare in Giappone. Nel 1982 ai mondiali di Spagna in nazionale c’è, insieme a Kempes, Bertoni, Passarella: una banda di vecchi draghi dai denti aguzzi (Passarella giocherà per 6 anni con Fiorentina e Inter).
E arriva Italia – Argentina. Maradona nel primo tempo coglie un incrocio dei pali e per pochi centimetri non ci manda a casa. E’ una partita intessuta di falli e durezze. Io ho sempre sentito dire che gli azzurri hanno giocato duro (e sporco) per fermare Maradona e i suoi compagni ma, rivedendo il match in tv, ne hanno prese più che date.
Il suo trasferimento a Napoli avvenne nell’estate del 1984. Perché Maradona scelse Napoli e l’Italia? Quasi certamente non stava più bene a Barcellona. E poi il campionato italiano era fra i più importanti. Vi giocavano quasi tutti i migliori: Platini, Boniek, Zico, Laudrup, Falcao, e poi Krol, Cerezo, Bertoni, Muller, Francis, Brady, Bergreen, oltre a Rossi, Zoff e gli altri campioni del mondo. Fatale che gli venisse la voglia di misurarsi e di dimostrarsi il migliore di tutti. In Spagna aveva avuto le sue soddisfazioni ma, forse, aveva percepito sfiducia e disamore. La sfiducia di coloro che ritenevano che non sarebbe più tornato come prima del fallaccio di Goikoetxea che gli aveva frantumato la caviglia sinistra (settembre 1983; ritorna incredibilmente in campo a gennaio 1984). Ecco, io penso che per recuperare così in fretta si sia rimpinzato di esercizi e allenamenti. Per sopportare il dolore giù antidolorifici e affini. E, con l’assuefazione, il passaggio alle sostanze illegali. “Ti procuro io una cosa che… Vedrai: una bomba!”. Sostanze che davano anche il brivido di trasgredire, alla faccia dei presidenti, dirigenti, sapienti.
Nel 1986 l’Argentina vince i mondiali in Messico. La nazionale è quasi completamente rinnovata rispetto alla generazione del 1978 e del 1982. In realtà è un team modesto fatto di calciatori gamba o pallone, più Maradona e un paio di altri. Il mondiale intero è modesto, il bel gioco non c’è, i grandi calciatori non ci sono o deludono. Forse dipende dal caldo e dall’altitudine. Maradona è il vero leader della squadra ma sa che questo è un peso: spetta a lui portare avanti l’ Argentina. Ecco perché contro l’Inghilterra va a saltare come un centravanti su un pallone aereo. Contro un portiere 20 cm più alto di lui e che può alzare le braccia. Vabbè, anche lui usa le mani. E pochi minuti dopo, quando parte dalla sua metà campo e punta verso la porta inglese, non cerca un compagno cui dare la palla.
Nel 1990 ci sono i Mondiali in Italia, quelli delle notti magiche. Anche in questa occasione la squadra è Maradona più altri 10, ma l’Argentina, pur modesta, arriva in finale. Per strada elimina l’Italia (ai rigori) e qui accade che il pubblico le tifi “contro” in modo intollerabile per Maradona. Un pubblico che fino ad allora non era stato granché beneducato ma insomma… Prima della finale fischia l’inno nazionale argentino. L’insulto fa parecchio male a Maradona che si considerava un… beniamino del popolo. Durante la finale nessuna giocata sovrumana e alla fine il titolo viene vinto dalla Germania. I giocatori argentini si lamentano perché si sentono derubati. Fra parentesi l’arbitro della partita verrà accusato di corruzione.
Maradona lascia la squadra del Napoli e l’Italia nel 1991. Ha 31 anni, sono 15 che gioca a calcio da professionista. Ormai il calciatore è prigioniero del personaggio e delle sue debolezze, egomanie e dipendenze. Ma è anche prigioniero della disillusione, dell’incapacità di accettare il declino, di guardare lontano… Però, su questo non ho niente da dire (alla Forrest Gump).
AGGIUNTA
Diego Armando Maradona era alto 165 cm e pesava, prima di ingrassare, 70 chili. Lionel Messi è più alto, 170 cm e più magro. Più bassi sono Lorenzo Insigne che arriva a 163 e il Papu Gomez dell’Atalanta che misura 164 cm. Fra i calciatori di qualche anno fa ricordiamo Gianfranco Zola di 168 cm, Filippi del Vicenza di Rossi di 169 cm, così come Bruno Conti.
ULTIMA NOTA
Credevo di aver visto gran parte delle giocate di Maradona (mai dal vivo purtroppo). Poi ho intravisto dei filmati che ne mostrano meraviglie con la maglia del Barcellona. Farle vedere con la dovuta cura e completezza sarebbe una cosa buona e giusta.
Elves