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BROLOPPET 2006: l’ASD La Colfranculana alla conquista di Copenaghen

Esperienza danese per la squadra agonistica della ASD La Colfranculana. Avevamo letto che quest’anno si correva l’ultima edizione della Broloppet, mezzamaratona unica nel suo genere con partenza da Copenaghen, transito sul ponte strallato più lungo d’Europa (l’Øresund Broen) e arrivo a Malmoe in Svezia.

Come fare a rinunciare ad una simile occasione. E così in 10 baldi e forti abbiamo aderito all’idea lanciata da qualcuno (non mi ricordo chi) e siamo partiti con tanto di  accompagnatrice ufficiale.

Già la scelta del volo e dell’albergo (albergo??) è stata una bella esperienza con  prenotazioni fatta tra il turista fai da te e l’internauta.  Visto il tono sportivo e ‘massiccio’ della spedizione abbiamo optato per un ostello (della gioventù bruciata…) e via sulla tratta Venezia-Copenaghen.

All’arrivo nel moderno aeroporto siamo stati accolti da un comitato di trevigiani, anzi roncadellesi trapiantati in terra di Danimarca (ma dove vai in giro par’l mondo). Nel primo spazio utile lo sponsor tecnico degli splenditi borsoni da viaggio ha scattato 30 foto dei suddetti borsoni appoggiati sul suolo che fu di Amleto (tipo borsone sportivo vicino a cestino porta rifiuti danese, oppure borsone sportivo vicino a carrello per valigie danese, oppure borsone sportivo vicino a cane danese foto peraltro venuta un po’ umida, e via di questo passo). Attraversiamo la civilissima Copenaghen nel cuore della notte senza essere importunati da nessuno (che sia stata la presenza di Simone detto ‘il tigre’?) in una metropolitana prodotta da una ditta italiana, su rotaie costruite da una ditta italiana, attraverso stazioni erette da una ditta italiana con ai bordi interi quartieri che stanno edificando delle ditte italiane. Dodici chilometri di metropolitana in meno di due anni, noi italiani, con tanto di stazione ogni chilometro, forse siamo bravi e veloci a costruire ovunque fuorché in casa, bah sarà colpa del contropiede.

Spiego, noi calciofili italiani vinciamo solo attraverso il contropiede (che qualche snob chiama ripartenze) che possiamo applicare solo quando giochiamo fuori casa.

Riprendendo il racconto ricordiamo lo stupore misto a meraviglia espresso attraverso il medunese stretto con influenze meneghine e santosistine da Gianluca alla vista della nostra magione danese. E noi, artefici della scelta, a dire… non lasciarti tradire dalle apparenze, anche qui avranno la sopraintendenza ai Beni Architettonici che vieta la modifica delle pareti esterne, ma dentro vedrai non è lo stesso.

Infatti dentro non era lo stesso. Se vi dico che sono proseguite le espressioni in medunese stretto con influenze meneghine e santosistine tu che mi stai leggendo pensi che:

A)    l’interno è meglio dell’esterno

B)     l’interno è peggio dell’esterno

C)    l’interno non esiste, l’inferno si

D)    Gianluca ha dormito nella Lada parcheggiata davanti all’Hotel.

Per partecipare al sondaggio invia un SMS a Mapo al costo di un  Havana Cola al secondo (anca lu sei a scordai ormai). Il vincitore avrà diritto ad un week-end nella struttura che ci ha ospitato o nella Lada parcheggiata davanti.

Bene, visto che siamo una squadra di atleti mediamente abbastanza seri sulle cose sportive il giorno prima della gara siamo andati in ritiro presto (do de mattina, tanto a gara lera al pomeriggio) senza abusare con il bere (tre birete) e con la fauna locale (…).  Non avevamo fatto i conti con Gianluca che ci ha svegliato alla sette in punto ora locale (che è come la nostra ma mi sembrava esotico scriverlo). Gli avremmo tirato addosso i cuscini, se non che, viste le condizioni del pavimento rischiavamo di non ritrovarli e quindi abbiamo ripiegato su Mapo.

Approposito di Mapo. Tutti noi conosciamo il suo senso critico sulle cose, il suo acuto spirito di osservazione, insomma le un rompibae e non ghe va mai ben nient (ocio Annarita) e quindi prima di coricarci a dire: ma senti che letto duro, ma senti che cuscino mollo, ma senti che lenzuola ruvide, ma come se fa a dormir se manca i balconi (usanza di questi luoghi le finestre senza balconi e tende oscuranti). Tre, dico tre secondi dopo aver appoggiato la testa sul molle cuscini partiva in un assolo che neppure jack il taglialegna………… e proseguiva fin oltre l’impatto con Gianluca che veniva ad auguraci il buon risveglio.

Sabato, secondo giorno e soprattutto giorno della gara. Partenza all’inizio del Ponte alle ore 15.00. Primo dilemma magnemo o non magnemo e se magnemo. Cosa magnemo? Intanto colazione abbondante (nel senso che abbiamo sgraffignato tutta la marmellata presente sui tavoli dell’hotel). E poi via per la sgambata pregara attraverso il centro di Copenaghen. Dopo una passeggiata per inquadrare la città ci siamo recati alla zona di ritrovo degli atleti. Tenete presente che alla gara erano inscritti quasi diecimila partecipanti di cui un migliaio nella prova agonistica (compresi tutti noi). Ritirato il pettorale e il ricco pacco gara (niente nel senso di niente, a fronte di € 40 di iscrizione) ci siamo stesi nel parco antistante la zona ritrovo da dove con un bus ci avrebbero portato alla partenza (noi nel bus dei top-runners ovviamente e non abbiamo barato, molto, nei best-time dati in fase di iscrizione). E’giunta l’ora di dare l’elenco degli atleti, con ovvia precedenza al gentil sesso: Fiorella, Sabina, Stefano, Fortunato, Eugenio, Massimo, Maurizio, Moreno, Gianluca, Simone con accompagnatrici la sig.ra Ines e Annarita.

Lasciamo perdere il trasferimento in  un bus pieno di romani de Roma con tanto di tempi urlati: ao partimo a 3’20 o 3’30? E lo sguardi si Simone che pesava i suddetti romani de Roma pensando se veden all’arrivo, e rive prima mi!

Bella l’emozione di fare la pipi in mezzo al mare (a cinque chilometri dalla costa più vicina) sul bordo del ponte, con la brezza che di accarezza il viso e le onde che con il loro andare e venire portano la parte di te che lì lasci a disperdersi nell’immensità del mare, fino a raggiungere chissà quali lidi. Il problema è che in mezzo ad almeno cinquemila persone dopo due secondi non capisci più dov’è la parte di te che lì lasci.

Altra bella emozione è partire con il gruppo dei top-runners e con novemila persone alle spalle. Uhau (si scrive così?) che bella figura facciamo tutti e dieci con le nostre canottiere nuove con stampigliato il nostro logo. Chissà cosa pensano i tanti vichinghi che ci circondano.

Cronaca della gara. Simone parte e chi lo vede più (alla fine sarà 31°assoluto). A ruota lo seguo con Muri. Il clima della partenza, freschetto con rischio di pioggia ci stà illudendo e quindi partiamo troppo veloci, e i primi 5 km sono in salita. Mapo e Moreno, più saggi, partono più lentamente. ‘Sti cancari’ ci succhieranno le ruote per oltre 15 km per poi raggiungerci senza far rumore. Gli altri sono al seguito, nella pancia del plotone dei top-runners.

Primo problema, il primo ristoro è situato appena dentro il confine svedese e si sa la Svezia è la patria del tetra-pak e quindi l’acqua non te la danno su banali bottigliette o bicchieri di plastica, ma bensì su deliziose confenzioni di tetra-pak. Ma dico hanno mai provato a bere in corsa, andatura da 4’05-4’10.  Penso di no e quindi non abbiamo bevuto quasi niente. E questo e solo metà dello scherzo perché mentre in Danimarca si stava bene, tre metri dentro la Svezia c’era un caldo, un afa, un ‘sofego’ record, da come non ne veniva da qualche anno e terzo mistero della nostra Via Crucis il secondo ristoro lo avremmo travato quasi al 13° km. Come se non bastasse il percorso per i suddetti tredici primi chilometri è praticamente rettilineo senza ombreggiamenti su un nastro di asfalto con il sole costantemente alle spalle (in Svezia dicono ‘sua copa’).  Quindi se tu che leggi sei un praticante anche amatoriale avrai capito che: acqua in tetra-pak + afa svedese + miraggio del ristoro + soles ‘ua copa’= cotta quasi irreversibile.

Giunti al ristoro ci rovesciamo sulla testa tutto quello che afferriamo per far calare la temperatura esterna. Ovviamente afferriamo solo acqua con Sali e l’acqua evapora prima di venire a contatto con il cuoi capelluto incandescente mentre il sale si deposita così a formare un ricoprimento tipo trota al sale. Va bè, per fortuna ora siamo in terra di Svezia che, nazione di sportivi, ci fa trovare intere famiglie lungo il percorso ad incitarci come fossimo alle Olimpiadi (beh, siamo la testa di ponte della gara tutto sommato) datate di gomme e spruzzi da giardino che sfruttiamo zig- zagando per la sede stradale.

Bellissimo correre a Malmöe, in mezzo a zone residenziali a bassa edificazione, dotate di giardini senza alcuna recinzione con la gente che ti accoglie in massa (migliaia e migliaia di persone assiepate lungi il percorso) e tutti ti applaudono, ti incoraggiano, ti danno da bere (acqua non in tetra-pak, meraviglioso!) e sono lì in festa, chi con la griglia già pronta, chi a giocare con la propria famiglia.

Venendo a cose più agonistiche a 4-5 km dall’arrivo c’è il ricongiungimento tra chi era partito più veloce e chi invece ha optato per una gara più tattica (i soliti succhiaruote). Per la cronaca il tigre non la più visto nessuno. Riconosco l’ansimare di Mapo quando è ancora a 10 mt. (no ste pensar mal). Adesso si aprono le danze, scatti a ripetizione fino a giungere al traguardo posto all’interno dello stadio di Malmoe con tanto di trionfale ingresso per la porta di Maratona.

Bellissima gara, bellissima gete sul percorso e all’arrivo, tanto che c’è chi di noi ne approfitta per svenire un po’ e farsi assistere da una bella vichinga (vedi foto sul sito ufficiale della broloppet: www.broloppet.com). Scarso il ristoro, una banana e una specie di barretta a testa. Da buoni italiani ci premiamo con qualche banana in più, tanto non sappiamo lo svedese…

Dopo aver girovagato per mezz’ora troviamo le docce, situate a pochi metri dall’arrivo. Tutti devono aver avuto lo stesso problema dato che siamo noi e pochi altri (o qua no i se lava!). Muri riesce a farsi regalare una lattina di birra  da un avvenente danese (uomo!). Dopo la doccia tutti a tifare per gli atleti(con moderazione) e le atlete(con esaltazione) che giungono al traguardo in varie ore.

Dopo la gara optiamo per una cena svedese e quindi guidati dai nostri contatti scandinavi ci sediamo in un bel ristorantino nel centro di Malmöe da dove si assiste allo ‘struscio’ locale (insomma un belvedere!). Purtroppo prediamo coscienza di un problema che ci perseguiterà per tutto il nostro soggiorno. Alla nostra richiesta di portare il pane il cameriere i ha portato un unico panino tagliato a fettine (spessore qualche decimo…). Al tavolo eravamo seduti in sei, tra cui Simone, e di conseguenza il pane non ha toccato neppure il tavola, ma si e volatilizzato prima. A ulteriore richiesta il cameriere si è scusato dicendo che il pane era finito. Ma come alle  19.30 in un ristorante tra l’altro di un certo charme, con un 100 di coperti? Risposta qui non mangiano pane, per forza i e tutti magri come baccalà!

Altra particolarità della serata è l’aver visto la partita dei Mondiali di calcio che vedeva impegnata l’Italia (non mi ricordo contro chi ma non è fondamentale vista la bella giornata di sport vissuta) per quanto riguarda il primo tempo in Svezia e per il sondo tempo in Danimarca. Rientrati in albergo alle 23 ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto, la gara e fatta e quindi fuori. Così abbiamo vagabondato fino a tarda ora per il centro di Copenaghen. Si sa infatti che le città nordiche vivono solamente nel week-end e quindi di perdersi il sabato sera non ci andava proprio. E’ proprio vero quello che si dice sulle sbornie  dei ragazzi/e, mamma mia quanto bevono.  In pratica abbiamo iniziato la terza mezza maratona della giornata, senz’altro quella più impegnativa visti i molti ostacoli, tipo birra, ragazze, ragazzi (pae tose) zone d’ombra e infine stanchezza dilagante. Tanto per dire quando siamo rientrati in albergo (?) a tarda ora camminavamo come zombie in fila indiana.  Tant’è che Gianluca ci ha fatto dormire ben un ora in più.

I successivi due giorni li abbiamo trascorsi a visitare la città. Copenaghen è una città civilissima e piacevolissima, pur non essendo all’altezza delle nostre città d’arte. Le cose più antiche, degne di nota sono del ‘600. Comunque per noi abituati al modo di vita schizofrenico e consumistico, al traffico, all’inquinamento etc… ha fatto un certo effetto camminare per le vie di questa città. Vedere più bici che auto nelle strade di quella che comunque è la capitale di uno Stato e che vanta oltre un milione di abitanti è senza dubbio una cosa a cui non siamo abituati.

Qui la bici è il mezzo di locomozione. Basta vedere i vari adattamenti, ad esempio un mamma con tre figli avrà la bici con tre seggiolini, oltre al cestino per la spesa. Cose da noi impensabili. In alcune vie le piste ciclabili sono più larghe ed importanti delle carreggiate per le autovetture. Qui di sicuro non c’è lo stress che invece abbonda da noi. Un danese lavora mediamente non oltre sei ore al giorno per cinque giorni la settimana, eppure hanno uno stile di vita paragonabile al nostro, anzi abbiamo visto molti servizi sociali tipo asili, scuole, istituti musicali, teatri, biblioteche, etc… Dopo le nostre 10 ore di lavoro ogni tanto è bene pensare che esiste qualcos’altro.

Eugenio