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 CORRERE LA VENICE MARATHON
Cronaca da dentro la gara

Dove si può iniziare a raccontare la Maratona di Venezia? Chi la ha corsa concorderà che il Ponte della Libertà è forse il momento migliore.
E’ stata la prima volta che lo ho percorso di corsa, e, con una certa sorpresa, visto che lo avevo già percorso in auto ed in treno molte volte, ho scoperto che è decisamente in salita.
Che bello scherzo ha combinato il buon Eugenio Miozzi (il progettista del ponte).       Che lo  abbia fatto apposta in previsione di noi maratoneti?
Voi direte, ma come fa ad esserci un dislivello tra Mestre e Venezia. C’è e basta!!! Quando la corsa da agile diventa muscolare, quando la parte superiore del corpo inizia a chinarsi, quando le cosce si gonfiano sotto sforzo non può non esserci salita!
Sei lì che corri sul ponte con l’acqua a destra e a sinistra, Venezia sul fondo e lo scirocco che inizia a rigarti il viso e tutto ad un tratto di sembra di essere un rematore di una galera veneziana. I lampioni posti al centro del ponte diventano alberi maestri con delle vele afflosciate, le spalle del ponte sembrano le fiancate dello scafo dove inserire i remi e tu con il capovoga che ti urla nelle orecchi il ritmo da tenere (in gara…) senti il sangue che circola sempre più velocemente. Vedi il porto in lontananza, vedi gli altri vogatori che faticano con te, quando ne superi qualcuno ti sembra naturale dirgli una parola di conforto, tra condannati si fa così.
I cartelli chilometri sono delle sirene poste lungo il tragitto. Li vedi da distante ma sembrano non avvicinarsi mai, per questo te ne stai con la testa bassa come i rematori, gli schiavoni veneziani e guardi solo l’asfalto (simile tra latro al colore dell’acqua lagunare)
Ma alla fine quando entri in porto ti sembra di essere Marco Polo al rientro del suo lunghissimo viaggio, gli ultimi tre chilometri non li ho sentiti passare, mi sono talmente deconcentrato nell’ultimo tratto che ho smesso di controllare sul cronometro se ce la facevo ad andare sotto le tre ore, ma pazienza., anche Marco non avrà controllato se era rientrato in più o meno di dieci anni.
Chissà perché quando racconto di una maratona inizio sempre dalla fine. Mah?
Partiamo dall’inizio. Era una fredda mattina di fine ottobre si direbbe nelle fiabe, in realtà era proprio così. L’organizzazione e un pettorale dal numero alto mi hanno costretto nelle gabbie di partenza tre quarti d’ora prima del via in tenuta da gara. Una vecchia maglia mi ha tenuto compagnia per l’ultima volta prima di volare qualche minuto prima della partenza con molte altre. Consiglio per chi non ha mai affrontato una esposizione al freddo così prolungata di stare in mezzo al gruppo, puzza ma si sta caldi. Un altro problema è la pipì! Ovviamente prima di partire bisogna bere e quindi poco dopo, complice la temperatura….. Chi parte davanti, nei settori agonistici non si fa tanti problemi, ma chi sta nei gruppi retrostanti qualche problema magari se lo fa, tantè è vero che ho atteso la confusione dei cinque minuti prima del via per … scaricare lungo le transenne. D’altro canto meglio in una anonima via di Stra che lungo la mura di cinta di Villa Pisani, che assalita dai maratoneti appena dopo la partenza sembrava il muro del pianto.
Dunque alle 9.20 si parte. Mi ero ripromesso di percorrere i primi dieci chilometri a 4’25’’. Bene crono al primo 4’14’’ crono al secondo 4’15’’ crono al terzo 4’15’’…. Qualcosa non va. Come mai corro così forte dice il mio cervello e trasmette l’ordine alle gambe di diminuire l’andatura. Le gambe manco a parlarne e continuano a macinare lo stesso ritmo. Mi sembra di essere Homer Simpson in uno dei famosi battibecchi con il suo cervello!
Sfliamo dunque lungo il Brenta con una fredda brezza che non ti fa riscaldare le gambe nonostante il ritmo gara. Sfilo i peace-makers delle 3.30. poi delle 3.15 e vedo poco più avanti quelli delle 3.00. Corro sempre troppo forte per il mio allenamento (metodo Matiuz allargato) comunque fin che dura…
Passata qualche Villa seminascosta dagli alberi e qualche centro semideserto approdiamo in quel capolavoro della civiltà moderna che è Marghera. E pensare che i mitici Volpe e Cini  ideatori della cittadella industriale (e anche della SADE, leggi Vajont) sono tutt’ora osannati e studiati. Marghera costruita a ridosso della città e dell’eco-sistema tra i più fragili al mondo è stata senz’altro una bella idea. A me puzza d’olio (questa per fortuna la capiscono solo quelli di Colfrancui). A proposito lo sapete perché fino ad inizio secolo le acque alte erano un evento sporadico, mentre dopo Marghera sono diventate quasi una abitudine? E’ il canale scavato nella laguna per permettere il passaggio delle petroliere a funzionare come un sifone e attrarre l’acqua del mare in laguna in quantità ‘industriali’. Chiedete ai vecchi pescatori della laguna (non a quelli della turbosoffiante).
Ma torniamo alla gara.  Passo la mezza in 1.29.50. Fino a qui sono stato un treno. Il chilometro più veloce a 4.14, quello più lento 4.18. A dire il vero ne ho fatto uno a 4.27 perché ero indeciso se superare una splendida divisa taglia 42 color del mare su cui troneggiava un giallo mazzo di spighe, che cadeva come … lasciamo perdere.
Alla mezza tutto bene, al chilometro 22 mi sembra di sentire qualcosa alle gambe. Verso il 24° mi affianca Paolo da Silea e con lui andrò fin quasi all’arrivo. Non è male percorrere la parte più difficile della Maratona con qualcuno per scambiarsi due parole e tirarsi qualche pezzo. C’è anche nel Manuale Matiuz, basta non parlare di certi argomenti, vero Mapo…. Ora inevitabilmente inzia a farsi un po’ dura. Le gambe tendono ad irrigidirsi ma, come si dice, di fiato va ancora bene. Fino al 27° chilometro andiamo ancora a 4.15 di media. L’attraversamento di Mestre con sottopassi, marciapiedi, curve e contro curve da il primo rallentamento al ritmo. Simpatico il tratto con il tornante per vedere in faccia qualche amico, Daniele, Flavio e Marco tra gli altri. Questo tratto prelude l’ingresso al Ponte della Libertà ed è quello fatto più lentamente (esclusi gli ultimi tre chilometri) La media è scesa a 4.29. I chilometri successivi, sul ponte li faccio riacquistando un po’  velocità sul piede dei 4.20-4.25 nello stato di trance già descritto all’inizio.
Chiudo con un real time di 3.03.03. non male a 40 anni e con una preparazione Matiuz Allargato.
Se volete fare un confronto riporto due dati sui miei allenamenti.
Fino a giugno ho corso due volte la settimana, compresa la garetta della domenica. Da giugno ho cercato di fare tre allenamenti e da settembre quattro (sempre compresa la domenica). Nelle ultime otto settimane ho cercato (non sempre sono riuscito) di seguire il seguente schema:
martedì: lento di 60-80 minuti;
mercoledì: medio di 45 minuti (giro fuori con gli amici che spesso si tramutava in gara con conseguente ritmo anche sotto i 4’ al chilometro!)
giovedì: ripetute (dai 500 mt. ai 2000 mt.)
domenica: gara a ritmo veloce oppure medio. (percorsi da 18 a 30 km)
Un mese prima della maratona ho fatto un mezza in 1.26.34. Di media ho fatto 50 chilometri a settimana. Forse due lunghi in più (oltre i 30 km.) non mi avrebbero fatto male.
Quindici giorni prima ho eseguito il test per valutare la concentrazione del lattato nel sangue che mi dava una velocità di soglia aerobica pari a 4’20’’ al chilometro. Infatti avevo deciso di partire a 4’25’’,  poi avete visto come è andata.
Non mi sono quasi mai allenato da solo, ho sempre avuto la fortuna di correre in compagnia con tanti amici. Che sia il segreto recondito del metodo Matiuz (semplice e allargato)?

Eugenio